> b+w film crew

Dal 1993 Meneghetti & Pandimiglio hanno realizzato insieme una serie di progetti in campo artistico e cinematografico: mostre, documentari, cortometraggi, spot, video sperimentali, un lungometraggio. Il loro corto Punti di vista, (Sacher Festival e 14° Festival di Torino), ottiene una menzione speciale ai Nastri D'Argento 97. Nel 1998 dirigono il lungometraggio Interferenze, selezionato in vari Festival tra cui il 51º Festival di Locarno. Nel 2000, per conto della CEE, firmano la regia dello spot sociale CEE contro la violenza sommersa. Nel 2001 hanno prodotto e diretto: A Sud del sud selezionato in 16 festival, vincitore Grand Prix Sony 2002 e Senza Terra selezionato in 70 Festival Internazionali, vincitore di 23 premi come miglior film in Italia e all’estero. Nel 2002 Nanni Moretti e Angelo Barbagallo li invitano a dirigere il Diario Sacher Zappaterra, selezionato in numerosi festival nazionali e internazionali. Nello stesso anno realizzano Cachorro Louco, scelto dalla Petrobras e del Ministero della Cultura brasiliano come miglior progetto di opera digitale, 6 premi internazionali. Nel 2003, a San Paolo in Brasile, girano il video Motoboy (1°premio Monffilm festival 2005, premio speciale della giuria Mediterraneo Video Festival, menzione speciale della giuria XVII Festival Pescara Cort Scrittura e Immagine; selezione ufficiale concorso doc 2004 Torino Film Festival, Bellaria film festival, Cinesul filmfest...). Nel dicembre 2004 Il Centro Culturale Recyclart li invita a realizzare Romevideo presso la Gare Le Chapelle – Bruxelles (miglior cortometraggio digitale italiano Arcipelago 2004). Nel 2004 concludono il film documentario Sogni di Cuoio vincitore menzione speciale Nastri D’argento 2004 (SNCGCI),distribuito nel circuito di cinema nazionale, selezionato in numerosi festival internazionali (x festival del documentario IT’s all true, San Paolo filmfest, Uruguay international film festival, Edimburgo Italian film festival, Vll festival internazionale di cinema Brasilia).Nel 2005 concludono Contromano (1° premio fiction Premio della critica cinem. e televisiva Castelli Alta Marca Anconetana; 1° Premio “Corti da Sogni Antonio Ricci” 1°premio Obiettivi sul lavoro, Racconti di precarietà – NIDIL CGIL). Realizzano il documentario Comizi & quant’altro (selezione ufficiale Libero Bizzarri 2006). Nel settembre 2005 dirigono, su commissione del Comune di Roma, Nonostante la pioggia ed Esterno Notte, due video su” La notte bianca romana 2005”. Nel 2007 realizzano il documentario Taccone – Fuga in salita (Miglior film Levante Film Festival 2OO7, Miglior Documentario Pescara Scrittura e immagine 2007); lo spot cinematografico sulla notte bianca romana e, per conto della pro loco di Poggio Moiano, due video sull’infiorata locale Il corso dei fiori (menzione speciale Brescello film fest, 1° premio Videopolis città al femminile) e Videosabina. Collaborano con Gianluca Arcopinto alla sceneggiatura, riprese e montaggio di Angeli Distratti. Sono inoltre incaricati, dal IV dipartimento del Comune di Roma, della direzione artistica di un video Annual Report sulle iniziative culturali romane. Nel 2008 realizzano e dirigono il video “Roma Capodanno 08” e il documentario “Testi e testimoni – Casa della memoria e della storia” per le IPTV - Biblioteche di Roma. Meneghetti scrive e dirige Terrorista (28', DV, Brasile) vincitore del premio Petrobras Cultural. Pandimiglio scrive e dirige Mille Giorni di Vito (10’, 35mm, Italia) selezione ufficiale “Giornate degli Autori - 66 Mostra Internazionale d’arte cinematografica Venezia). Nel 2009 realizzano, all’interno del workshop “Meneghetti e Pandimiglio - Visione e realtà" il video digitale L'estasi della Ragione e il documentario L'incontro (68’, video digitale, Italia). Nel 2010 Meneghetti dirige insieme a Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni il documentario "RIMET, l'incredibile storia della coppa del mondo", girato tra Brasile, Inghilterra, Spagna, Italia, Uruguay ed Argentina che racconta le rocambolesche vicende del Trofeo Jules Rimet, dall’inizio del Novecento ai giorni nostri. Nel 2011 Pandimiglio scrive e dirige Più come un artista (71’, HD, Italia) documentario d'autore sul ristorante di Gennaro Esposito, uno degli chef più quotati d'Italia e del mondo. Film in selezione ufficiale “Giornate degli Autori - 68 Mostra Internazionale d’arte cinematografica Venezia).

> csci - revista quaderni del cinema italiano – barcelona 2008/9



RIFLESSIONI SUL CINEMA DOCUMENTARIO
CÉSAR MENEGHETTI & ELISABETTA PANDIMIGLIO


Perché e come, a un certo punto della vostra carriera artistica, avete scelto il documentario (e sul perché vale la pena - o no - di confermare la scelta)?
In realtà non abbiamo scelto di fare documentario, abbandonando altre forme di audiovisivo: le storie e i personaggi che ci attraevano e ci premeva raccontare, con naturalezza trascinavano il nostro lavoro verso un linguaggio che vi si adattasse rispettandone le componenti profonde e nello stesso tempo ci rendesse liberi di creare un universo narrativo svincolato da barriere formali di qualsiasi tipo. Non ci siamo attenuti rigidamente neanche alle leggi del purismo documentaristico. Sempre con naturalezza, fin dall’inizio, abbiamo contaminato finzione e realtà attraverso uno sperimentalismo formale e narrativo che non si poneva troppi confini e utilizzava anche nello stesso arco drammaturgico: finzione, video arte, racconto biografico, intervista, videoclip, reportage, denuncia sociale, installazione, indagine socio economica, ricostruzione romanzata, pedinamento, cinema… A volte la contaminazione è così strutturale che risulta difficile, anche per noi stessi, catalogare i nostri lavori secondo una partizione di generi predefinita. Continuiamo a pensare che valga sempre la pena raccontare, qualunque sia la forma scelta, purché prevalga l’anima di quell’universo, mostrato man mano che si svela nel suo divenire, piuttosto che dimostrato attraverso qualcosa di sovrapposto che potrebbe perfino snaturarlo.

Riflessioni intorno a uno o più vostri lavori che, a prescindere dal successo di pubblico, considerate decisivi nel vostro percorso?
Sem terra / Senza terra (14’, docu-fiction, digibeta, Italia/Brasile, 2000/1) è uno dei nostri lavori più rappresentativi. Completamente autoprodotto, racconta la storia di un uomo la cui vita è segnata da un fatto straordinario: nascere in mezzo al mare. Partorito in una nave carica di emigranti, che cercavano fortuna nella “Merica” con i suoi grandi spazi da coltivare, si ritrova a crescere nel Brasile governato dall’aristocrazia rurale che ha appena sostituito la mano d'opera schiava per quella più conveniente dei salariati europei. Da due diversi angoli del mondo, le donne che lo hanno amato, una all’insaputa dell’altra, ne ricostruiscono il passato con interviste incrociate che rivelano il fiorire di un singolare menage à trois. Le manifestazioni del movimento brasiliano “Sem terra”, in lotta per la riforma agraria, si alternano agli indecifrabili ricordi del protagonista, incapace di esprimersi per una confusione linguistica che è simbolo della difficoltà di mantenere appartenenza e identità. Con questo lavoro, misto di finzione e realtà, sperimentazione visiva e riflessione politica, documentario e ricostruzione romanzata – una storia che si costruiva quasi da sola su interviste autentiche – abbiamo disposto su un unico piano spazio-temporale passato e presente, primo e terzo mondo. Il fatto di lavorare in due, provenendo da diverse aree culturali e geografiche, ci permette un doppio angolo di osservazione per una realtà che non si presenta mai univoca e lineare.
Motoboy (64’ docu-fiction, digibeta, Brasile/Italia, 2002/4) sui fattorini in moto di San Paolo. E’ questo il lavoro più diffuso nella più trafficata metropoli dell’America Latina, con un altissimo tasso di mortalità in strada. In questo film abbiamo creato una sorta di doc osservatorio e seguito dei motoboy nella loro giornata lavorativa. La finzione irrompe come frutto di un laboratorio durante il quale alcuni dei pedinati mettevano in scena parti del proprio vissuto con l’aiuto di colleghi che interpretavano i ruoli necessari alla ricostruzione della vicenda. Mentre si metteva in scena una rapina ai danni di un fattorino, dei passanti, credendo si trattasse di realtà, sono fuggiti, altri si sono rivolti alle forze dell’ordine, tre motoboy di passaggio, ignari della simulazione, non hanno esitato ad intervenire in difesa del collega…
Sogni di cuoio (72’, documentario, 35mm, Italia, 2001/4) racconta l’avventura di 23 calciatori sudamericani arrivati in Italia pochi mesi prima del drammatico crac argentino, sognando il successo nel paese dei loro avi. Da molti definito “commedia docu-fiction” è un documentario purissimo dove i fatti raccontati sono stati ripresi mentre accadevano, senza si potesse minimamente prevedere l’esito che di lì a poco avrebbero avuto. E questo vale anche per Comizi e quant’altro (78’, documentario, DVcam, Italia, 2004/5) – girato durante le elezioni provinciali a Calimera (Lecce) – nel quale abbiamo pedinato un avvocato salentino, che pur professandosi simpatizzante di Rifondazione Comunista, si presentava come indipendente per la lista Udeur. Le riprese sono durate dal periodo che precede le votazioni fino allo spoglio all’interno delle urne.
A legare questi film – che rappresentano diversi modi di documentare- ci sono comunque degli elementi ricorrenti nel nostro lavoro: il doppio registro, il duplice punto di vista, la ricerca estetico/narrativa, alcuni temi come identità e memoria, migrazioni, disagio ed esclusione sociale, Nord e Sud del mondo, la realtà di gruppi e minoranze che non hanno voce all’interno dei contesti sociali.

Riflessioni sulla vostra personale poetica del documentario.
Vedere. Speriamo che l’arte legata al vedere, con l’uso creativo delle nuove tecnologie, aiuti a vedere sempre meglio e più in profondità le contraddizioni che segnano il nostro presente: in nessun altro momento della storia umana tutto è stato così bombardato di chiarezza e allo stesso tempo così confuso. Noi lavoriamo in due, con una doppia competenza specifica e diverse capacità di sviluppo dell’idea, due diversi cannocchiali culturali, Italia e Brasile, due diverse lingue e forme mentis che impregnano il nostro vivere e conoscere il mondo. E il nostro lavoro è la sintesi di questi universi che perennemente s’incontrano e scontrano.
Vivere. L’immagine in movimento non è altro che la rappresentazione di un oggetto visto, di qualcosa che non è ancora e di una cosa che già è stata. Nel presente l’immagine esiste per pochi frammenti di secondo, ma quando qualcuno la guarderà e la sentirà propria, ne prolungherà la durata e ne trasformerà aspetto e contenuto. Da quel momento in poi, l’immagine, il mosaico d’immagini che compongono la storia, vivranno una vita propria che si distaccherà sempre più da chi l’ha concepita. Lavorare sul mistero di questo frammento di secondo ci appassiona. Scoprire la ricchezza dei mondi, le verità nascoste nelle piccole storie delle persone “normali” arricchisce.
Il cinema del reale che, con i propri strumenti ibridi si alimenta di altre forme artistiche e, per la sua stessa natura si nutre di qualsiasi contenuto, diventa la più efficace forza espressiva dei nostri tempi. Le nuove tecnologie conducono sempre di più verso una democratizzazione delle produzioni. Il rischio è quello di incorrere in un uso omologato dei mezzi, di diventare prigionieri della macchina, dell’interfaccia usata con l’arido elemento tecnologico che sovrasta tutto il resto. Per noi che facciamo questo lavoro diventa quindi fondamentale mantenere un rapporto costante con l’essenza delle cose.

Difficoltà rispetto alla produzione e alla circolazione dei vostri lavori, ed eventuali soluzioni già sperimentate o, a vostro giudizio, sperimentabili.
Alcuni dei nostri lavori sono stati autoprodotti. Altri sono stati commissionati da enti pubblici, istituzioni, case di produzioni. Abbiamo collaborato con la Comunità Europea, il Ministero della Cultura del Brasile, il Comune di Roma, La Regione Lazio, Recyclart di Bruxelles, CGIL, Petrobras, Sacher Film, Lucky Red, Marvel Movies, La Fabbrichetta, Pablo…
Crediamo fermamente che il talento non sia ereditario e che un lavoro vada realizzato e promosso se l’idea è valida e l’ideatore dimostri di essere in grado di realizzarla.
Per quanto riguarda il documentario, le difficoltà più grandi rispetto alla produzione e alla circolazione delle opere sono ancora troppo legate al non riuscire a considerare questo prodotto artistico un vero e proprio film. La soluzione produttiva ideale (ma forse è fin troppo ovvio) è quella di un appoggio pubblico o privato, svincolato da logiche commerciali e favoritismi che stimoli gli autori a lavorare in libertà al servizio di un progetto socialmente e culturalmente utile. Solo così si potrà arrivare alla creazione di un documentario che abbia la forza di sentirsi cinema.

a cura di Daniela Aronica

> testi e testimoni alla casa della memoria e della storia




“TESTI E TESTIMONI”: SEGNI DELLA SOCIETA’ CONTEMPORANEA.

di Eleonora Carbone per Melting Pot

Sabato 21 Febbraio presso la Casa della Memoria e della Storia, a Trastevere si è conclusa la seconda edizione della rassegna “Testi e Testimoni – incontri per riscoprire libri e storie”. La rassegna che ha contato sulla presenza di Massimo Rendina, Gianni Bisiach, Goffredo Fofi, Fabrizio Gifuni, Valerio Binasco…  in quest’ultimo appuntamento ha ospitato César Meneghetti ed Elisabetta Pandimiglio con due documentari biografici “Zappaterra” e “Terrorista”.
La rassegna “Testi e testimoni” cerca di approfondire la società contemporanea attraverso incontri che sono l’espressione di testimonianze concrete dell’Italia passata e contemporanea. Letture di testi importanti, interpretati da  attori affermati ( “Ragazzi di vita” di Pasolini, “Un weekend postmoderno” di Tondelli, “La chiave a stella” di Levi, “Lessico famigliare” della Ginzburg …)si sono alternate ad incontri con testimoni di fatti  che hanno segnato la storia e la società ( il sessantotto, il femminismo, le deportazioni politiche  la resistenza...) E per concludere: filmati di autori del cinema contemporaneo come Daniele Gaglianone, Fluid Video Crew , Meneghetti & Pandimiglio.

Meneghetti, artista e film-maker brasiliano, ci fa conoscere uno spaccato della storia del Brasile attraverso “Terrorista” nel quale ci narra il percorso esistenziale del professore universitario Percy Sampaio Camargo, accusato ingiustamente di terrorismo nell’epoca della dittatura militare. Il marchio di “sovversivo” lo accompagna durante tutto  il suo esilio in Cile ed in Olanda fino al 1982 quando finalmente torna in Brasile dove si candida come sindaco per il PT (Insieme a Lula), e nel 1986, come deputato federale. L’anno dopo lascia la politica per andare a dirigere in Amazzonia,  un corso universitario di formazione per insegnanti indigeni. Nel 1990, una volta in pensione, lavora come dentista volontario per una ONG Olandese. Quaranta anni dopo, ormai uno qualsiasi tra 20 milioni di pensionati brasiliani, ripercorre la sua vicenda  personale intrecciata alla storia ufficiale del paese, nel tentativo  di riscattare un frammento di memoria perduta.
Con “Zappaterra” siamo in Italia, nell’entroterra Bolognese, dove la contadina  analfabeta Margherita Ianelli, dopo aver sconfitto la povertà e la guerra, riprende la sua battaglia personale contro la “miseria dell’ignoranza”, una lotta lasciata in sospeso tanti anni prima. A 50 torna a scuola, arrivando alle soglie del diploma e realizza il proprio desiderio di  raccontare attraverso le pagine  di un diario le emozioni di una vita ed i ricordi amari della strage nazifascista di Marzabotto. Nel 1996  Margherita vince il concorso bandito annualmente per diari, memoriali, epistolari raccolti nell’archivio diaristico di Pieve Santo Stefano guadagnandosi anche la pubblicazione della propria autobiografia “Gli Zappaterra” edito da Baldini & Castoldi.
“Zappaterra” è uno degli 11 documentari  della serie “I diari della Sacher” prodotta da Nanni Moretti e diretta da 11 autori che traducono cinematograficamente alcuni dei più interessanti diari.
Entrambi i documentari hanno un ritmo serrato ed alternano il racconto del protagonista con immagini della storia, vecchi frame del passato che ci riportano ad un tempo a noi lontano, per i più giovani persino sconosciuto. La coppia di autori  Meneghetti/Pandimiglio sono dei sapienti narratori che indagano sulla società contemporanea scovando storie che chiedono soltanto di essere raccontate in modo oggettivo e sincero. Alternano lavori in coppia a progetti individuali senza dimenticare la sintonia e la concretezza che lì distingue, due doti fondamentali quando si narra la realtà.

Abbiamo raggiunto i due autori proponendogli una breve intervista. 
Come nasce la vostra collaborazione?
In realtà nel cinema lavoriamo in due dal 1996. Il nostro primo cortometraggio di finzione ha vinto un’importante menzione speciale della critica cinematografica italiana, un “Nastro d’argento”. Abbiamo iniziato e non ci siamo fermati più. Credo che una doppia visione del mondo e due diversi background culturali (Italia e Brasile) ci aiutino a realizzare un lavoro sempre più completo. Un mix di tematiche sociale, una certa attenzione al risultato estetico e soprattutto  una ricerca nel linguaggio. Il prodotto è la sintesi di questi due universi che s’incontrano e si scontrano. Lavorare in questo confine geografico, culturale, individuale, collettivo, reale,  immaginario ci appassiona. Mettersi in gioco, scoprire la ricchezza dei mondi, la verità nelle piccole storie, la ricchezza nelle persone “normali” e nelle sfumature arricchisce.
Le storie e i personaggi che raccontiamo portano naturalmente il nostro lavoro verso un linguaggio che vi si adatti rispettandone le componenti profonde e nello stesso tempo ci renda liberi di costruire un universo narrativo, svincolato da qualsiasi  regola o preclusione formale.

Lei, Cesar, come artista e film-maker, riesce a gestire le due sfumature del suo mestiere tra documentari e video arte. Sono due estremi che non si toccano o riesce a metterli in comunicazione?
Ovviamente i documentari e film realizzati con Elisabetta sono altro rispetto al mio lavoro artistico individuale: per lavorare insieme dobbiamo metterci un po’ in disparte rispetto al progetto comune che diventa prioritario sull’affermazione dei singoli ego. La questione e il mistero della creazione risiedono nel fatto di fare meno un lavoro onesto e sincero con se stessi. Prima di essere un buon artista o cineasta, bisogna essere un buon essere umano. Credo che io ed Elisabetta, tutto sommato, lo siamo entrambi. In questo senso non c’è discontinuità tra il mio lavoro di artista e quello di documentarista.

> la videoarte di césar meneghetti elisabetta pandimiglio

A due degli autori “prediletti” di CortoperScelta (sempre presenti in 4 edizioni), una retrospettiva che a suo modo è anche un “riassunto” del nostro primo quinquennio. Montaggi fulminei, sguardo documentario intriso di una forte sperimentazione visiva, l’ossessione del Viaggio, di un eterno movimento da un angolo all’altro del pianeta, la commistione delle lingue, dei formati dell’immagine, dei generi del cinema. Tutto questo in sei video: Sem Terra, Cane rabbioso, Contromano, Videocabina, Romevideo, Nonostante la pioggia. Per un ritratto del caos, a volte splendidamente vivace, spesso tragicamente convulso, del mondo contemporaneo.


a cura di dante albanesi

> rassegna outro lado: documentari dal brasile - nodocfestival 2007




Abbiamo scelto di dedicare una sezione del festival al Brasile, Ispirati dalla peculiare storia del documentario in questo paese e impatto in un ambiente di grandi contraddizioni e diversita' socioculturali (...) Ciascuno di essi, importanti temi socio-culturali. Questi dati ci danno solo un barlume di quanto il brasiliano ha subito il fascino del cinema e quanta rilevanza ha acquisito questa forma d’arte per lo sviluppo culturale del paese. (...) Avremo la possibilità di guardare tre documentari di César Meneghetti, regista brasiliano, d’origine italiana e residente a Roma e Elisabetta Pandimiglio; "A sud del sud", "Sem Terra" e "Motoboy"; tra analisi e ponti che evidenziano situazioni e relazioni italo-brasiliane e aspetti della vita di un giovane lavoratore nella grande e frenetica città di San Paolo.

a cura di viviane porto

> i diari della sacher a locarno - zappaterra





















Gli "Zappaterra" sono i contadini emiliani che mangiano patate e accolgono una bambina orfana, Margherita, insegnandole a diventare schiava del lavoro nei campi. La piccola va anche a scuola, per due anni, ma quando avrà imparato a leggere e a scrivere, sarà costretta a tornare in casa tra i polli, le mucche e lo strame: nei campi occorre anche il suo aiuto. Così Margherita impara davvero a vivere: tutti la considerano una specie di minorata mentale? Allora d'ora in poi sarà dura con se stessa e con gli altri. A quattordici anni, visto che i suoi fratelli non l'aiutano a ricostruire la famiglia, scende dalle montagne sopra Marzabotto e va a servizio di una famiglia benestante a Bologna. Ma in questa casa, la Colombaia, il suo carattere si ribella subito alle ipocrisie dei padroni: cinque giorni dopo è già di ritorno. Sposerà poi un uomo debole, che non stima, incontrerà per un attimo altri uomini e durante la guerra, col passaggio del fronte, darà prova della sua indipendenza prendendosela con i partigiani, più che con i nazisti e i fascisti, per la strage di Marzabotto. L’errore, per lei, è quello di aver voluto radunare tutta la gente del paese nella zona di Monte Sole promettendogli la protezione che quei ragazzi che da mesi vivevano nei monti non erano in grado di garantire. Così i tedeschi in fuga ebbero gioco facile nel compiere l’atroce sterminio. Dopo mesi e mesi di guerra, di soprusi e sfruttamenti, anche da parte dei partigiani che approfittavano della collaborazione sua e della sua famiglia, l’alba della strage del 29 settembre del ‘44 è descritta ricordando anche la fine pioggerellina e le colonne di fumo che si vedevano dalla zona in cui fu compiuto il massacro. Nel dopoguerra, l'ambiente comunista che la circonda non la convince e viene guardata con sospetto perché va regolarmente in chiesa. "Io non vado da loro a imporre le mie idee, loro sì, questo sarebbe quella libertà che tanto urlano? Quello che mi dispiace è che anche a scuola i miei figli vengano indicati a dito, per colpa mia. (...) La domenica andavo alla Messa, strada facendo vedevo la gente a lavorare lungo i campi, uno venne sulla strada e disse: "Ma lei il tempo che perde per andare alla Messa le viene pagato dal prete?"" Intanto ha ripreso in mano tutta la grande famiglia e a cinquant'anni, dimenticate le poche nozioni di quando era bambina, decide di imparare di nuovo a leggere e a scrivere per raccontare tutta la sua storia.

> alcune recenzioni





SEGNO CINEMA luglio 2002
Dopo aver resistito per anni, anche la straordinaria vetrina sul cortometraggio di Clermont Ferrand ha aperto i battenti al cinema digitale, creando una sezione “Brèves Digitales”. Nessun premio per l’italiano SEM TERRA /SENZA TERRA di Meneghetti & Pandimiglio, affascinante documentario che gioca sul l’abile confine tra realtà e finzione e che racconta la storia di un uomo che ha vissuto in giro per il mondo, attraverso le dichiarazioni delle sue due mogli e delle persone che lo hanno conosciuto. Dentro lo sguardo dagli occhi azzurri dell’uomo ormai anziano, amato, desiderato, sempre in fuga si racchiude la sua vita, la sua capacità di recitare e reinterpretare un ruolo. Anna Di Martino

IL MANIFESTO 14 luglio 2001
Appuntamento al Sacher 
 (…) Nella cifra del documentarismo più libero che è insieme ricerca di un linguaggio e di un nuovo senso al cinema politico, si muove Sem terra-Senza terra firmato con lucida intensità da César Meneghetti e Elisabetta Pandimiglio, la storia a tre voci di un anziano signore nato da genitori italiani su una nave che li portava in America, tornato con la guerra in Italia, e dopo una ferita rimasto senza parole, con la confusione linguistica e di identità di chi non appartiene (e non per scelta) a nessun luogo. Alle interviste con le due donne della sua vita, la moglie brasiliana e la compagna italiana, si alternano frammenti del Brasile oggi, le favelas, quel paese che come dice l'anziana signora "vivere se sei povero è quasi impossibile". E ancora le manifestazioni dei senza terra, attualità bruciante a pochi giorni dal G8 (totalmente assente nei lavori visti), porta aperta sui concetti di globalizzazione, movimenti nel mondo, radicalità, bisogno di esplorare il mondo con la sensibilità di chi prova a pensare l'immagine con un'arma di conoscenza e al tempo stesso di emozione. Sem terra racconta così la memoria degli emigranti italiani che sognavano l'America e che spesso hanno trovato solo altra miseria e umiliazioni. Dice di vecchie culture contadine, sogni ormai sbiaditi, e insieme traccia in questi intrecci di esistenze affinità con il tempo contemporaneo di chi oggi emigra o fugge o vive nel proprio paese da marginale. Sono storie di esclusioni globalizzate, e per questo preziose chiavi di accesso contro gli slogan di tutte le politiche che vogliono solo chiudere i confini e contro quelle paure rese archetipi nel rapporto con gli altri. E in questo patrimonio collettivo dei sem terra dentro e fuori il paese d'origine c'è anche una riflessione sulle potenzialità del cinema e sui suoi mezzi, sulla critica che può essere bruciante commozione, e per questo coinvolgere. Senza trucchi però. Soltanto con uno sguardo che sa essere consapevole e generoso, che non vuole fare lezioni ma parlare. Con amore e sensibilità. Cristina Piccino - ROMA

LA REPUBBLICA 16 luglio 2001
(…) Ma il direttore-selezionatore-giurato unico non fa mistero del criterio che lo guida, e che lo determina a fare tutto da sé. Non mi interessano tanto la professionalità già formata, il perfezionismo della confezione. Mi interessa invece, magari dentro un contenitore imperfetto, chi ha qualcosa da dire. Esempi come la coppia Meneghetti-Pandimiglio che in Sem terra senza terra ripercorre (in 12 minuti) la straordinaria vicenda di un uomo nato 84 anni fa a bordo di un bastimento di emigranti diretto in Brasile e che tutta la sua vita l’ha poi vissuta tra due patrie e due famiglie ma in realtà – fratello del protagonista del film di Tornatore e del testo di Baricco al quale si ispirava – inseguendo quelle sue non-radici rimaste in mezzo all’oceano. Paolo D’Agostini

KATAWEB CINEMA 21 luglio 2001
(…) Alla sperimentazione può essere accostato anche Sem terra di Elisabetta Pandimiglio e Cesar Meneghetti che prendendo spunto da la storia vera di un uomo nato all’interno di una nave di emigranti in mezzo all’oceano e per questo destinato a non mettere radici in nessun luogo, ampliano il discorso a tutto il movimento dei "senza terra". Un tema attuale (vedi i temi del G8) che i due registi confezionano, utilizzando formati e materiali diversi che caratterizzano visivamente un’opera di ricerca, dal forte impatto visivo, simbolico, ma, soprattutto, politico. Altrettanto "politico", può essere considerato il Sacher Festival che ha il merito, come, d’altronde, tutti i Festival di cortometraggi, di rendere visibile l’invisibile. Guido Barcucci

(…) Ancor meno cittadino del mondo è l'uomo nato sull'oceano tra l'Italia e il Brasile. Sem terra senza terra affronta il tema dell'apolide, di colui che non avendo una nazionalità non ha nemmeno un'identità. Perché questo è il mondo dei passaporti, veri o falsi che siano. Al nostro antieroe manca la parola perché chi è senza terra non ha più diritto a far sentire la propria voce. E poi, a chi rivolgersi quando i pochi che muovono i fili sono talmente lontani e protetti da enormi eserciti da non accorgersi dell'esistenza dei tanti? Mazzino Montinari

Sem terra senza terra: il corto più toccante narrato in coppia da un a scrittrice italiana e un "videoartista" brasiliano. Un racconto a due voci, ispirato liberamente ad una storia vera, narrato da due donne che, senza rancore, si sono divise lo stesso amore per lo stesso uomo. Oppure la storia di un uomo, nato nel mare, e rimasto fatalmente senza terra per tutta la vita, nomade tra due terre e due donne lontane. Le immagini alternano con efficacia il privato e il pubblico ( le manifestazioni, la guerra), mentre la conclusione spetta all’anziana donna brasiliana : "La vita è come un romanzo a cui manca l’ultima pagina".* * * *  Stefania Bassi (13 luglio 2001)

WHAT’S ON:  Landless at Rio Cinema 7/13 September 2001
LATIN AMERICAN FILM FESTIVAL IN LONDON. LANDLESS is an intriguing documentary telling the tale of a practicing bigamist. Born at sea, with one wife in Brazil and another in Italy, he is truly a nomad -- scurrying from family to family, land to land. Directors Cesar Meneghetti and Elisabetta Pandimiglio adeptly intertwine this tale with scenes of protests and discontent in Brazil amongst the landless men and women. Reviewed by Vania Recchi

O Melhor da TV CULTURA  24 e 28 de outubro 2001
ZOOM destaca estes trabalhos que têm em comum o fato de abordarem, de alguma forma, a questão do tempo. Em Sem Terra, de César Meneghetti e Elisabetta Pandimiglio, o vídeo retrata a história de um homem que nasceu num navio, no meio do mar. No contexto, a crítica social relacionando a chegada dos imigrantes italianos no início do século passado, e os sem-terra brasileiros.



Il GAZZETTINO di VENEZIA 28 ottobre 2001
VIDEOFESTIVAL, ECCO I VINCITORI.
Nella sezioni documentari, ha vinto una coppia di autori e registi, formata da Elisabetta Pandimiglio e César Meneghetti, un filmato avvincente che va al di là della testimonianza storica della migrazione italiana del secolo scorso in sud America, e arriva così a creare, nel documentario, una sorta di breve ma appassionante romanzo, che racconta di un uomo, e del suo senso di identità, diviso tra vecchio e nuovo continente.

Il TIRRENO 11 novembre 2001
(…) E siamo infine alla sezione «Documentari» del Festival Visionaria, dove ha vinto «Sem Terra» (Senza terra) del brasiliano César Meneghetti e della romana Elisabetta Pandimiglio. «Sem terra» è quasi un docu-drama, un documentario che si rifà ad una storia vera per raccontare di un uomo nato in mezzo al mare, su una nave che portava emigrati italiani in America ma finita invece in Brasile. Una donna brasiliana ed una veneta raccontano del rapporto avuto con quest’uomo, un anziano dallo sguardo perso e incapace di parlare che è rimasto comunque «senza terra», come tanti altri milioni di brasiliani, molti dei quali hanno ancora cognomi italiani. «Sem terra» - grande ritmo, inquadrature mai scontate, una padronanza di mezzi e linguaggio ormai piena - è l’opera forse più matura passata sugli schermi senesi, una meteora che lascia indietro anche certe ben più costose produzioni passate sui grandi network pubblici e privati. Dino Castrovilli